La biodiversità rappresenta la varietà della vita sulla Terra, inclusa la diversità genetica all’interno delle specie e tra diverse specie e ambienti. In agricoltura, questo concetto si specifica come fitodiversità, ossia la varietà delle piante coltivate in un certo territorio o la variabilità genetica all’interno di una singola specie. Tuttavia, l’agricoltura intensiva e la selezione operata dall’uomo hanno ridotto la biodiversità, portando a una diminuzione della variabilità genetica e all’abbandono di varietà tradizionali. Questo impoverimento è considerato un problema ecologico significativo, in quanto riduce la resilienza agli eventi climatici avversi.

In risposta, progetti di recupero delle landraces (varietà tradizionali) mirano a conservare queste risorse genetiche, che sono fondamentali sia per il miglioramento delle colture commerciali sia per sostenere l’economia locale. Studiare e salvaguardare la biodiversità significa preservare le caratteristiche uniche di ogni varietà. La fitodiversità può essere valutata attraverso l’osservazione morfologica, biochimica e genetica, analizzando come le piante rispondono agli stress ambientali e le loro qualità nutrizionali.
Nello specifico, il genere Capsicum, che include il peperone, appartiene alla famiglia delle Solanacee. Originario delle Americhe e introdotto in Europa nel XV secolo, comprende 38 specie, di cui solo alcune sono coltivate su larga scala. Le varietà di peperone (Capsicum annuum) si distinguono per una vasta gamma di forme, colori e gradi di piccantezza, caratteristiche che influenzano le preferenze dei consumatori. Grazie ai progressi scientifici, oggi è possibile studiare a fondo queste varietà, identificando tratti genetici specifici, come i QTL, che determinano caratteristiche come la forma del frutto.
La coltivazione globale di peperoncini e peperoni è significativa: nel 2020 ha raggiunto oltre 36 milioni di tonnellate, con Cina e Messico come maggiori produttori. In Italia, Lombardia inclusa, il peperone è coltivato prevalentemente nelle province di Mantova e Pavia, sia in pieno campo che in serra, contribuendo all’economia agricola locale.

In Lombardia si coltivano diverse varietà di peperoni locali, ciascuna con caratteristiche uniche per forma, colore e sapore. Tra queste varietà troviamo il Peperone Lombardo (noto anche come “Sigaretta biondo”), con frutti allungati e dolci, ideali per sottaceti, e il Sigaretta di Bergamo (chiamato anche “Corna di capra”), una varietà lunga e sottile, particolarmente indicata per la conservazione sott’olio. Un’altra varietà è il Peperone “a uovo”, caratterizzato da frutti di forma ovoidale, disponibili sia in versione gialla che rossa. Questo peperone ha una storia tramandata nella bassa Lomellina e viene consumato crudo, grigliato o in agrodolce. Anche il Bianco Mantovano è molto apprezzato per il sapore delicato e la consistenza croccante, spesso servito in carpaccio con salumi mantovani. Il Peperone Carnoso di Remondò è coltivato nella frazione di Gambolò, ha una polpa spessa e dolce, ideale per peperonate e piatti al forno. Infine, il Peperone di Voghera, di forma cubica e colore chiaro che vira al giallo a maturazione, si distingue per la polpa dolce e digeribile, utilizzata in piatti tradizionali come il risotto.

Queste varietà rischiano di essere abbandonate a favore di ibridi commerciali più produttivi, ma il progetto VALOPEPE mira a conservarle e valorizzarle. Attraverso la Banca del Germoplasma Vegetale dell’Università di Pavia, si conservano i semi per mantenere in purezza queste coltivazioni. Il progetto include anche analisi morfologiche, biochimiche e genomiche per definire le caratteristiche uniche di ogni varietà e creare una “carta d’identità molecolare”. VALOPEPE punta inoltre a promuovere queste varietà come Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Lombardia, incrementandone la coltivazione e tutelandole per le future generazioni.